Kevin Cosgrove

Kevin Cosgrove, Workshop with blue bench, Olio su tela , 120 x 140 , 2011, Collezione AmC Collezione Coppola.

A partire dalla sua mostra di laurea al NCAD nel 2007, Kevin Cosgrove realizza dipinti di luoghi di lavoro, laboratori dedicati alle abilità tecniche manuali: interni di fabbriche spopolate, officine meccaniche, depositi di legname, bacini di carenaggio, siti di una vecchia officina. In questi luoghi deserti si intravede l'educazione relativamente tradizionale di Cosgrove - cresciuto in una comunità mineraria nel cuore centrale dell’Irlanda - che ha instillato nel pittore un forte senso di sopravvivenza, artigianato, industria e onorabilità nei confronti del lavoro manuale.

Le nozioni di lavoro “concreto" e la trasmissione orale delle competenze, passate di padre in figlio, di generazione in generazione, sono fondamentali per i suoi dipinti, che possono essere contestualizzati storicamente da un ampio numero di artisti che hanno esplorato le strutture sociali e la dignità - o meno - del lavoro, collegando Corot, Courbet e Manet alla Euston Road School ed estendendosi fino agli artisti del realismo sociale sovietico e cinese.

È stato suggerito che i suoi dipinti incarnino una nostalgia per un mondo che sta scomparendo, un'epoca pre-automatizzata, ma in verità non c'è nulla di sentimentale o nostalgico nel suo approccio. È un pittore freddo nel senso in cui il suo collega Alex Katz intendeva dire quando ha osservato che preferiva Stan Getz a Jackson Pollock. Piuttosto, Cosgrove sembra attratto dai laboratori come spazi di industria, riflessione e possibilità - letteralmente, come diceva Frank Stella, spazi di lavoro. La ricchezza metaforica del lavoro di Cosgrove non dipende da una narrazione di perdita e rimpianto per un mondo scomparso o in via di estinzione; piuttosto si riferisce al mondo continuamente in costruzione, giorno per giorno.

Proprio come i pittori olandesi del XVII secolo proclamavano la morale e i messaggi di una nuova società protestante e rappresentavano soggetti delle emergenti classi mercantili, la serie di opere di Cosgrove celebra la presenza e il potere dell'artigianato e del lavoro. Il pittore infatti si identifica nella figura dell’artigiano, il quale preferisce far risaltare il suo prodotto artistico e la sua manodopera piuttosto che la sua persona. In questo modo, i suoi dipinti agiscono come un contrappunto alla leggerezza di così tanto consumismo contemporaneo, e producono una potente tesi per il valore duraturo della pittura stessa.

Ma c'è qualcosa in queste immagini, troppo pittoriche per essere fotorealistiche, che permette loro di trascendere la pittura di genere. In primo luogo, c'è la completa mancanza di ironia, ma ci sono altri filoni e storie in gioco che aggiungono una complessità sia intellettualmente che visivamente soddisfacente alle scene di laboratorio di Cosgrove. Fra tutte, la storia stessa dell’artista dona ai luoghi dei suoi quadri una nota personale, intima, che l’occhio spettatore non può non cogliere.

Kevin Cosgrove

Irlanda, 1984, vive e lavora a Dublino.

Cosgrove è stato selezionato per il Jerwood Contemporary Painters Prize nel 2010 e il suo lavoro è stato esposto alla Frieze Art Fair, Londra (solo, 2012) e Art HK, e Art Basel Hong Kong, (solo, 2012 e 2016), oltre a tre mostre personali alla Mother's Tankstation, Dublino.

Altre mostre includono: Everything is in everything, Sirius Arts Centre, Cobh (2019); Industry, Solstice Arts Centre, Navan (2018);
A Peening Sound, Butler Gallery, Kilkenny (solo, 2016); Some kind of real, The Dock, Leitrim (2016); Don't shoot the painter, Galleria d'Arte Moderna di Villa Reale, Milano (2015); 40/40/40, che ha viaggiato al Centro Cultural Conde Duque, Madrid, Biblioteka Uniwersytecka, Varsavia, e Palazzo Della Farnesina, Roma (2013) e Last, Douglas Hyde Gallery, Dublino.

Nel 2017, il lavoro di Cosgrove è stato incluso in un'ampia mostra panoramica, The New Frontiers of Painting, Fondazione Stelline, Milano.